Grottaferrata – Creazione del Parco Urbano del Vallone
(di Angelo D’Ottavi)
DESCRIZIONE DELL’AREA
L’area interessata alla creazione del Parco Urbano del Vallone, è individuata dalla vallata conosciuta dagli abitanti storici di Grottaferrata come Vallone, si tratta della vallata dove scorre la Marrana, o come successivamente nominato come Rivo dell’acqua Mariana.
Il primo acquedotto di Grottaferrata – Carta fine ‘800
L’area che si vuole salvaguardare si snoda dalle Sorgenti degli Squarciarelli, sino alla conca craterica denominata Valle Marciana. Si tratta di una vallata, incassata, che costeggia per l’intero percorso l’abitato storico di Grottaferrata, sul cui bordo è situata l’antica Abbazia di Grottaferrata.
Questa contiguità con l’abitato fa sì che essa sia accessibile da molti punti dell’abitato, rendendone agevole la frequentazione e l’utilizzo a fini ricreativi. Grottaferrata, unico comune dei Castelli Romani, può vantare sul proprio territorio la presenza di un corso d’acqua di discreta portata che lo attraversa costeggiando il suo centro storico, con due cascate, e con una serie di sorgenti, che si aggiungono sul suo percorso.
Questo corso d’acqua, e la sua vallata, costituisco un unicum, una traccia verde, che unisce Tuscolo all’abitato della campagna romana a valle.
Per la sua importanza di sorgenti e di acque, è stato utilizzato sin dal periodo romano come Caput Aquae, a partire dall’acquedotto della Julia (Squarciarelli), e quello della Tepula (Acqua Preziosa), due degli 11 acquedotti che riforniva la città di Roma.
Nel periodo medioevale e sino ai primo del ‘900, la sua forza motrice è stata utilizzata per muovere una serie di mole sin nel cuore di Roma, per sboccare nel Tevere, vicino all’isola Tiberina.
Questa vallata ed il suo corso d’acqua, per la sua importanza naturalistica, storica ed ambientale, nonché, per la sua accessibilità da qualunque punto dell’abitato di Grottaferrata, si presta come naturale vocazione a divenire un parco urbano di Grottaferrata.
La sua potenzialità, già in essere, può utilmente essere potenziata con il recupero di sorgenti, un tempo numerosissime, che nel suo percorso contribuivano alla sua portata ed all’amenità dei luoghi.
Non potendo, realisticamente valorizzare tutto il suo percorso, ci limiteremo a prospettare una sua valorizzazione ai fini turistici, ricreativi e storici di una parte essenziale dell’area, e precisamente quella che dal Parco degli Squarciarelli giunge a Valle Marciana.
Esaminiamo le potenzialità di questa area, partendo dal parco degli Squarciarelli:
Questa area è caratterizzata dalle sorgenti degli Squarciarelli (Caput Aquae Julia), località citata in una celebre canzone di Renato Rascel, e dal percorso del corso d’acqua; sorgenti che sarebbe opportuno recuperare, sia da un punto di vista turistico, sia da un punto di vista pratico per la loro utilizzazione.
Oggi il territorio di quello che dovrebbe divenire parco è in stato di abbandono e senza alcuna valorizzazione; un’area che con oculati interventi potrebbe costituire una grande risorsa turistica, ed una grande attrazione.
Il recupero delle Fonti degli Squarciarelli, la ricostruzione del grande fontanile del 1.600, che era in quel luogo, con le iscrizioni del Cardinale Barberini prima, e del Cardinale Farnese poi, potrebbe costituire un’ulteriore attrazione storico-turistica del luogo.
Scritte sul fontanile di Squarciarelli
Dal parco degli Squarciarelli, scendendo lungo la via della Mola Vecchia, che come toponimo ne indica la sua utilizzazione, si arriva nel sito dove era ubicata la prima mola del corso d’acqua, oggi purtroppo scomparsa (Mola dei Frati).
Mola dei Frati Mola di S. Bartolomeo
Proseguendo lungo un comodo tratturo, si giunge dopo qualche centinaio di metri alla spettacolare cascata di S. Bartolomeo, che alimentava una seconda mola (mola di San Bartolomeo) ad oggi perfettamente visibile, anche se in forte stato di abbandono e ridotta quasi ad un rudere. Nei pressi della mola si osserva una piccola sorgente d’acqua da recuperare.
Cascata di S. Bartolomeo
Scendendo ancora, si giunge poi all’imponente struttura della Cartiera, divisa dalla strada (Via Giuliano della Rovere), nella “Cartiera di sopra” e Cartiera di sotto”. La struttura nel corso dei secoli è stata oggetto di varie utilizzazioni, nel periodo dell’Abate Commendatario dell’Abbazia di Grottaferrata, Cardinale Giuliano della Rovere, essa fu trasformata in residenza di campagna del Cardinale, anche se resta dubbio sulla sua utilizzazione. Ne resta a testimonianza un grande stucco con lo stemma dei della Rovere. Successivamente la struttura fu utilizzata come cartiera, arrivando a produrre la carta moneta dello stato pontificio (1800), essendo associata alle cartiere di Subiaco. Nel 1913 la cartiera fu adibita, con un generatore elettrico mosso dalla forza motrice del corso d’acqua, alla produzione di energia elettrica, fornendola anche alla vicina città di Frascati. Oggi la cartiera è in grave stato di abbandono.
Cartiera di sopra Cartiera di sopra e Cartiera di sotto
Proseguendo lungo il sentiero si giunge ai ruderi, imponenti, della Ferriera, rimasta in funzione sino al periodo della Repubblica Romana (1.849) per la quale fuse anche alcuni cannoni.
Ruderi della ferriera
Nei pressi, di fronte alla ferriera sul sentiero, esiste una grande fontana-abbeveratoio con una sorgente da ripristinare. Sopra, a dominare e controllare la vallata, l’imponente castello dell’Abbazia di Grottaferrata.
Quasi confinante con la ferriera, si conserva un bellissimo manufatto di archeologia industriale dei primi anni del ‘900 appartenente alla STFER, poi STEFER, e precisamente una diga, delle chiuse e il condotto interrato lungo parecchi chilometri che portava l’acqua alla stazione elettrica della tramvia di Villa Senni per il suo raffreddamento.
Il percorso si sviluppa per un paio di chilometri lungo il corso d’acqua con piccoli salti e gallerie verdi, costituite da alberi secolari. Lungo questo percorso non vi sono altri manufatti, fatta eccezione delle basi in muratura di un piccolo ponte, riportato sulle carte del 1630 dall’Architetto Domenico Castelli.
Alla fine della vallata, quando questa si apre sulle vigne di Valle Marciana, si incontra la seconda cascata di questo corso d’acqua, la cascata Gavotti. La cascata confina con un’altra cascata creata da un secondo corso d’acqua di più scarsa importanza, e precisamente dal corso d’acqua che inizia nel fontanile di Viale S. Nilo, detto il Fontanaccio, riprodotto con i suoi platani centenari in numerosi quadri ed incisioni. Esiste ancora, di fianco alla cascata, la sostruzione di una captazione di acqua che alimentava la ferriera di Valle Marciana, riportata anche in una pianta dell’agro romano di Eufrosino della Volpaia.
Carta di Eufrosino della Volpaia con Ferriera e Fontanile di Valle Marciana
La Valle Marciana, con i suoi vigneti, i suoi uliveti e le sue emergenze storiche, non è da meno al corso d’acqua che la attraversa. La vallata infatti annovera, oltre il suo incantevole aspetto paesaggistico, numerose rilevanze archeologiche. La sorgente dell’acqua Preziosa, anticamente Caput Acque Tepula, che alimentava congiungendosi, in due acquedotti distinti, la città di Roma assieme all’altro acquedotto della Julia; la citata Ferriera; il meraviglioso castello medievale dei Savelli (già dei Conti di Tuscolo) che domina tutta la vallata; l’antica strada Romana che conduceva a Castromenio (Marino); il fontanile tutt’ora in funzione, riportato anch’esso sulla mappa di Eufrosino della Volpaia (1.456); i resti del tempietto dedicato a Settimio Severo dai tuscolani.
Un percorso entusiasmante e di grande valore storico, ambientale e turistico, oggi abbandonato per incuria ed ignoranza, ma domani un parco di elevato valore sociale, capace di attirare oltre i cittadini, flussi turistici importanti se ben utilizzato.
Tralasciamo la descrizione delle altre mole al di fuori del territorio di Grottaferrata, che pure sono innumerevoli, sino all’ultima presso la Bocca della Verità, detta Mola dei Greci, con il suo condotto di uscita sul Tevere, attraverso una Cloaca detta “Cloaca Minima”, a un centinaio di metri dalla “Cloaca Massima”.
Fiume Tevere – stampa del Vasi con Cloaca Massima (a sinistra) e Cloaca Minima (a destra)
Ultimamente un improvvido intervento per la depurazione delle acque reflue di comuni viciniori, ha arrecato qualche danno all’aspetto naturale del fondo valle, che con oculatezza e qualche intervento, potrebbe essere mitigato.
Il Vallone si articola su due versanti, quello a destra a Nord, confinante con l’abitato ed esposto a sud, è stato storicamente dedicato alla cultura dell’ulivo, di cui resta l’impianto originario, oggi è in abbandono, vista la forte pendenza del versante, e la conseguente scarsa economicità della raccolta delle olive, con presenza di boschetti di leccio, sulle zone impervie e non coltivabili.
Il versante sud meno esposto ai raggi solari, presenta una vegetazione tipica del bosco mesofilo (querce, aceri, frassino, nocciolo, ecc.) ed ospita una stazione endemica della pianta di Staphilea Pinnata.
Una piccola parte sotto Villa Gioacchini (già dei Conti Gavotti) a Campovecchio, un bell’esempio di villa cinquecentesca (fine secolo XVI) sui ruderi della villa romana dei Ginni Silani, è stata impiantata a castagno ceduo, per utilizzare le piante come sostegno delle vigne di Campovecchio.
Alla fine la valle si apre su una conca craterica, già piccolo lago, oggi scomparso, ma frequentato nella preistoria da una fauna di notevole interesse, come dimostra il ritrovamento di una zanna di mammut (1913). La fertilità della valle, anche agli apporti di limo del lago, fanno sì che essa sia completamente coltivata a vite
Questa valle – ingresso naturale verso Grottaferrata e Marino – era difesa da due castelli che dominavano la valle, castelli di cui rimangono i ruderi, precisamente quelli di Castel Savelli di Borghetto e Castel Dè Paolis. Castelli che formavano un baluardo da intrusioni provenienti dalla piana di Roma, verso l’interno dei Castelli Romani, come pure il Castello Roveriano dell’Abbazia di Grottaferrata.
NOTAZIONI URBANISTICHE
Dal punto di vista urbanistico, la maggior parte dell’area del Vallone è classificata come I 2 – zona agricola vincolata, con zone classificate come F1 – zona di verde pubblico, e una piccola zona classificata come B2 – zona semintensiva, già edificata (area tra il campo sportivo e Via Giuliano della Rovere).
Questa classificazione dell’area del Vallone, già individuata come area verde, rende più agevole la sua salvaguardia a Parco Urbano, Parco Urbano che assieme al suo valore paesistico, idrico e naturalistico, ed assieme all’esistente testimonianza di manufatti di archeologia industriale, lo rende ideale ad essere classificato come monumento naturale.
Nel P.T.P.R. la stessa area viene così classificata:
SISTEMA DEL PAESAGGIO NATURALE
1. Paesaggio naturale;
2. Paesaggio naturale di continuità;
3. Paesaggio agrario di valore;
4. Paesaggio agrario di rilevante valore.
Mentre sulla tavola di “Ricognizione aree tutelate per legge” la stessa area viene così classificata:
1. Protezione di Fiumi, Torrenti e Corsi d’acqua (Vallone):
2. Aree di interesse archeologico (Bordi del Vallone)
CONSIDERAZIONI FINALI
La creazione di questo parco urbano non vuole essere, nella visione di un nuovo sviluppo del territorio, un nuovo vincolo sulle aree interessate, ma al contrario un’occasione di nuove possibilità per le aree e per i proprietari.
L’area interessata a parco, può accedere interamente ai finanziamenti europei della Regione Lazio, attualmente, per il periodo 2023 – 2027, a valere sul nuovo Regolamento UE n. 2021/2115 – ovvero il Piano Strategico della PAC (Politica Agricola Comune), con ingenti finanziamenti a fondo perduto per valorizzare e migliorare la qualità dell’Ambiente e fare impresa verde.
Il pacchetto dei finanziamenti comprende iniziative riguardanti il clima, l’ambiente e l’agricoltura sostenibile.
Le linee di finanziamento riguardano molteplici interventi correlati ed interconnessi e complementari, tra cui segnaliamo:
Produzione agricola integrata e/o biologica;
Agricoltori custodi dell’agrobiodiversità;
Pagamento compensativo zone agricole natura 2000;
Investimenti produttivi agricoli per ambiente, clima e benessere animale;
Investimenti nelle aziende agricole per la diversificazione in attività non agricole
(agriturismo e fattorie didattiche, agrinido, ecc.);
Investimenti non produttivi agricoli con finalità ambientali;
Investimenti non produttivi forestali per l’habitat e l’ambiente;
Investimenti per la trasformazione e commercializzazione agricola dei prodotti agricoli (cantine, frantoi, ecc.);
Insediamento giovani agricoltori under 40 anni;
Start up non agricole (turismo lento, lavorazioni artigianali, piccolo commercio, ecc.).
La proposta del Parco Urbano, quindi, non mira esclusivamente ad innalzare il livello di tutela dell’area, ma serve, soprattutto, a creare importanti opportunità di sviluppo sostenibile per il rilancio economico dell’area, venendo incontro alle nuove e vecchie generazioni.