ARCHEOLOGIA

MIRABILIA ALBANE – IL SANTUARIO DI DEMETRA A VALLE ARICCIA

Presentiamo – in via del tutto preliminare e senza pretese interpretative che richiederebbero ben altra documentazione scientifica – le straordinarie terrecotte rinvenute presso Ariccia, appartenenti ad un santuario dedicato al culto di Demetra. Il territorio aricino ha restituito altri  importanti santuari, come quello celebre di Diana Nemorense, oltre a numerosi complessi religiosi minori sparsi ovunque, come hanno ben documentato gli scavi estensivi di S. Palomba (vedi: https://www.osservatoriocollialbani.it/2017/05/25/video-intervista-a-franco-arietti/)

 

 

Il rinvenimento
In località Casaletto di Valle Ariccia, nel corso di lavori agricoli inerenti all’impianto di un vigneto, nel 1927 venne casualmente alla luce “un’area di antiche terrecotte” che fu subito oggetto di segnalazione alla Soprintendenza e conseguente scavo archeologico.  L’ubicazione esatta del sito non è certa, come dimostrano molte ipotesi fatte al riguardo, persino i toponimi sono stati messi in dubbio.

Dalle poche annotazioni di scavo della Soprintendenza alle Antichità di Roma, risulta che nel corso dello scassato di un vigneto fu rinvenuta parte di una costruzione rettangolare misurante circa mt. 24 x 11 eseguita in blocchi di peperino; il muro era conservato in altezza per un solo filare, fiancheggiata all’interno del lato ovest dai resti da una platea eseguita con blocchetti irregolari, sempre di peperino.  L’assenza di tegole, quindi del tetto, fece pensare inizialmente ad un piccolo sacello rurale, coperto solo di frasche, ma la presenza di antefisse e di altri elementi decorativi frontonali, potrebbero invece postulare l’ipotesi non di un tempio tradizionale, ma di una struttura articolata, comprensiva di spazi cultuali coperti anche da singoli frontoni decorati.

 

Quanto al luogo, è stato spesso evidenziato dagli studiosi che la valle del cratere vulcanico presso Ariccia, anticamente un bacino lacustre – come ricorda Plinio – essendo del tutto simile al lago di origine vulcanica di Pergusa, presso Enna in Sicilia, dove il mito ubica il ratto di Kore – ben si prestava al culto campestre di Demetra, lontano dalla città dove la dea si ritirò sconvolta per il rapimento della figlia.

 

Il mito di Demetra e Kore
Secondo il mito – a partire dall’Inno a Demetra di Omero, ripreso in seguito da altri scrittori greci e latini – Kore, figlia nata dall’unione di Demetra e Zeus, venne rapita da Ade, dio degli inferi, presso il lago di Pergusa (presso Enna), dove Kore si trovava insieme ad altre fanciulle, figlie di Oceano, intente a raccogliere fiori. Qui venne rapita da Ade che la scelse come consorte per il suo regno, col benestare di Zeus, conducendola nel regno dei morti.

Demetra si disperò per la perdita della figlia ma non si rassegnò, cercandola in lungo e in largo per giorni, senza risultati, fino a quando Hermes le rivelò il nome del responsabile delle sue sofferenze. La dea, furiosa, reagì provocando un lungo inverno sulla terra che impedì la crescita delle messi e dei raccolti. Una volta cosciente del suo ruolo fondamentale per il prosperare della vita terrena, abbandonò l’Olimpo, minacciando di non farvi più ritorno fino a quando la figlia non fosse tornata sulla terra.

Zeus capì che le suppliche sarebbero state inutili e nel frattempo gli uomini lamentavano fame e stenti, per cui non erano in grado di fornire i consueti sacrifici agli dei. Ade venne così costretto a rilasciare Kore. Ma la fanciulla aveva assaggiato il frutto del melograno offertole dallo sposo e ciò la legava indissolubilmente all’aldilà. Per questo Kore è diventata Persefone, regina dell’oltretomba.

Alla fine, si riuscì a giungere ad un compromesso: Persefone non sarà condannata a vivere costantemente nelle tenebre dell’oltretomba, ma dovrà restarci solo per un numero di mesi equivalente al numero di semi di melograno da lei mangiati: secondo alcuni 6 (mesi) secondo altri 4 (stagioni), potendo invece trascorrere i restanti con la madre sulla terra.

Dunque, ogni anno, Demetra aspetterà trepidante il suo ritorno, ed al suo arrivo, per la sua immensa felicità, farà rifiorire la natura e regalando agli uomini la primavera e le stagioni estive.

 

La stipe votiva

 

                                                                                                    1- Busto di Demetra

1 – Demetra. H. cm  73, largh. max. cm  67.
Il busto venne eseguito in argilla e modellato a mano, assemblando anche elementi ottenuti a matrice.
Di dimensioni al vero, viene solitamente attribuito a Demetra per il suo aspetto matronale ed anche per gli attributi che la connotano come divinità della natura, come attesta la corona di spighe annodata al cercine che trattiene i capelli sulla testa. Presenta il collo carnoso con il cd. “collare di Venere” ben evidenziato, il quale appare ornato da un torques ritorto e decorato a puntini, mentre alle orecchie figurano applicati grossi orecchini a rosetta con pendenti a forma piramidale.
La particolare perizia tecnica che si osserva nei dettagli fa pensare a modelli bronzei più che ceramici e riporta quindi ad artigiani che si ispirano a modelli diffusi in ambienti magno – greci nel corso del III sec. a.C.

 

 

 

 1 – Particolari      

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2 –  Kore. H cm 55,8, largh. max. cm 52,5.
Busto eseguito in argilla, modellato a mano assemblando anche elementi a stampo.
Capelli discriminati in bande ondulate trattenute da un cercine lasciando libero lunghi  riccioli che scendono sulle spalle e due ciocche legate con spighe.
Agli orecchi un paio di orecchini a rosetta con pendente a piramide rovesciata.
Evidenti affinità legano questo busto all’altro di Demetra, anche se rivela una minore perizia adottando soluzioni immediate, efficaci dal punto di vista espressivo ma più banali sotto l’aspetto formale che lo avvicinano maggiormente alla testa di una delle statue sedute (vedi sotto).
Le spighe tra i capelli qualificano anche questa figura come divinità della natura e delle messi, mentre il tradizionale suggestivo accostamento al busto di Demetra, di aspetto più maturo e matronale, consente di riconoscere in questo busto la figlia Kore. 

 

 

 


                                                                                                                                          

 

 

 

 

3 – Statue femminili sedute (Museo Naz. Romano Terme di Diocleziano)

 

 

                                                3a                                                                                       3b                                                                                            3c

 

3a –  H cm 116, largh. alla base cm 56, profondità max. cm 79.
Figura di aspetto giovanile, seduta sul trono con ginocchia divaricate e piedi poggianti su suppedaneo; testa cinta da un diadema con elementi vegetali. Orecchini a rosetta con pendenti piramidali. Veste un chitone stretto sotto al seno e allacciato sulle spalle. mentre l’himation che copre le gambe e si arrotola sul grembo, passa dietro la schiena e scende dalle spalle sul braccio sinistro. Le braccia sono piegate in avanti e con la mano sinistra regge un porcellino.

3b –  H cm 103, largh. max. 50 cm, alla base cm 44, profondità max. cm 50.
 Figura seduta in trono con i piedi poggiati sopra un suppedaneo, testa leggermente inclinata verso destra, ornata da una corona con doppia serie di foglie ricurve. Capelli spartiti al centro della fronte in due bande rigonfie con lunghi boccoli sulle spalle.  Orecchie ornate da orecchini a bottone con pendaglio piramidale; veste un chitone a mezze maniche stretto sotto il seno e un manto che copre il braccio e la spalla destra e scende dal fianco sinistro sul grembo sulle gambe formando un pesante rotolo. Il braccio destro è spostato dal busto come se l’avambraccio poggiasse sul bracciolo. Il braccio sinistro è piegato in avanti e la mano doveva reggere un animale probabilmente un porcellino.

3c –  H cm 90, largh. max. cm 58, profondità cm 67.
Figura seduta in trono con braccio destro appoggiato sul bracciolo e gamba avanzata. Orecchini a rosetta con perla centrale.
Veste un chitone stretto sotto al seno ed un mantello che vela anche la testa e lascia scoperto un diadema triangolare, davanti al quale sono annodate due spighe che ricadono sui capelli riavviati all’indietro. Al braccio destro appaiono un armilla perlinata ed un braccialetto serpentiforme. Con la mano regge un mantello di spighe e all’indice ha un anello con grosso castone. Trono con schienale ricurvo desinente in una voluta che racchiude una gorgone sopra la quale vi è un fiore. Alcuni studiosi  interpretano la figura come Demetra, rappresentata seduta secondo gli schemi più tradizionali e con i tipici attributi quali le spighe, il serpente ed il fiore.

3c – Dettaglio

 

 

Antefisse

4a, 4b – Antefisse
Minerva elmata (4a); “Signora degli animali” (potnia theròn) (4b)

 

 

Marmi

5a, 5b – Frammenti marmorei
Frammenti di statua femminile (5a); ricostruzione ipotetica (5b). 


                                                                          5a

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                         

 


                                                                          5b                                                          

 

 

Altri oggetti votivi

 

6 – Teste

 

 

7 – Vasellame in vernice nera

 

8 – Anatomici

 

Iscrizioni

9 – Iscrizione di Duronia Poni

 

 

Conclusioni

Il santuario demetriaco di Valle Ariccia, fin dalla sua scoperta, ha creato numerose difficoltà interpretative. Non è questa la sede per riassumere una problematica assai complessa che investe un’infinità di temi che si intrecciano nel corso dell’età medio repubblicana. Per questa ragione si rimanda a studi specifici, facilmente reperibili in rete. 

 

 

 

 

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