CARTOGRAFIA

Grottaferrata: la più antica carta catastale

 

 

LA PIU’ ANTICA CARTA CATASTALE  DEL TERRITORIO DI GROTTAFERRATA

(Angelo D’Ottavi)

 

 

Così recita il frontespizio della carta redatta dall’architetto Domenico Castelli nel 1630, su commissione dell’allora Cardinale Commendatario dell’Abbazia di Grottaferrata Francesco Barberini. Si tratta della prima vera carta catastale, in senso moderno, mappa che raccoglie tutti i possedimenti di proprietà dell’Abbazia, con i lotti perfettamente indicati e numerati, nonché, recanti i nomi dei possessori.
In origine, dei beni dell’Abbazia di Grottaferrata, esistevano elenchi nominativi, di incerta collocazione sul territorio, sempre commissionati da abbati commendatari per avere un minimo di controllo amministrativo sui possedimenti e sulle relative entrate dell’Abbazia.

Il primo elenco organico fu commissionato dal primo abate commendatario dell’abbazia, il celebre cardinale greco Giovanni Bessarione, nell’intento di recuperare proprietà sfuggite al controllo dell’Abbazia, ed in particolar modo cercando di riordinare l’amministrazione; questo compito durò dal 28 agosto 1472 al 18 novembre 1472 con la morte del cardinale. Questo elenco venne denominato “Platea” o “Regestum Bessarionis”, sotto la supervisione dell’arcivescovo Niccolò Perotti incaricato, appunto, da Bessarione.

Ma questo Regestum Bessarionis, anche se articolato e minuzioso, restava un elenco di beni e proprietà di incerta collocazione. Solo con la nomina ad Abate del cardinale Francesco Barberini nel 1627, e con l’incarico affidato all’Architetto Domenico Castelli, si realizzò la prima mappa catastale, intesa in senso moderno, dei beni dell’Abbazia di Grottaferrata presenti sul solo territorio tuscolano.

Solamente nel 1.828 si vedrà una mappa così particolareggiata del territorio di Grottaferrata, redatta dall’Ingegnere Romano Pietro Fortuna. 

 

 

La mappa dell’Architetto Domenico Castelli, di grandissime dimensioni, composta da fogli uniti tra loro, purtroppo in condizioni di difficile lettura per il trascorrere del tempo, è ora conservata nella Biblioteca del Monumento Nazionale di Grottaferrata; essa risulta restituita alla sua leggibilità originale da un lavoro di ricostruzione, realizzata da chi scrive, effettuato su una copia della mappa. 

 

 

Per la ricostruzione completa della mappa, soprattutto su alcune aree dove il disegno originale era praticamente scomparso, ci siamo potuti avvalere di altre carte dell’epoca, ed in particolare, della carta dell’Architetto Picchetti che, come lo stesso Arch. Picchetti riporta, è derivata dalla mappa più completa dell’Arch. Castelli.

 

 

Questa mappa non è l’originale dell’Architetto Domenico Castelli, ma una copia fatta realizzare da un altro Abate commendatario, il Cardinale Carlo Rezzonico nel 1763; il lavoro fu realizzato da un monaco, Tommaso Gatta, in base all’originale conservato a palazzo Barberini di Palestrina.

 

 

La pianta, inoltre, era colorata per evidenziare i tipi di coltivazioni e d’uso del terreno, come risulta dalla dicitura della scala di redazione della carta. Purtroppo nulla rimane dei colori originali, nemmeno piccole tracce, ad eccezione della rosa dei venti dove si evidenzia un residuo di rosso d’ocra. Forse, lavorando sulla carta originale con tecniche sofisticate, si potrebbero trovare tracce dei colori originali, da riportare sui terreni con la stessa destinazione colturale, così da riportare l’intera carta al suo splendore originale.

In essa sono riportate, con grande dettaglio, le strade, i corsi d’acqua, i toponimi, le aree coltivate e quelle boscate, gli edifici e gli opifici esistenti, e, particolare importantissimo, i possessori o coltivatori dei terreni, espressi con il loro nome. Gli stessi possessori delle aree coltivate, vengono riportati in tre grandi tabelle sistemate nella grande carta catastale, oggi di difficile lettura.

 

 

Fortunatamente, per sostituire queste tabelle, esiste presso la Biblioteca Apostolica Vaticana un allegato alla carta del Castelli a formare un unico documento, un piccolo libricino che riporta in maniera più completa tutti i nominativi della carta.

L’importanza della carta, oltre a mostrare la situazione del territorio di Grottaferrata nel 1630, è quella di aver riportato i toponimi esistenti all’epoca, e, soprattutto, di aver documentato in maniera completa i cognomi degli abitanti dell’area, fornendo uno spaccato demografico completo del periodo.

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