ALBA, ALBA LONGA, TUSCOLO E IL SUO “FIUME” SCOMPARSO.
Gli antichi hanno scritto solo la storia di Roma, non quella dei popoli e città latine alle quali venne riservato il ruolo di comprimari. Anche il mito di Alba Longa, in fondo, racconta solo le origini di Roma. Ma allora, perché la nascita di Roma venne immaginata sui Colli Albani e non a Roma stessa? Ora che abbiamo scoperto con certezza dov’era stato immaginato il sito di Alba, tutto diventa più chiaro: Alba Longa si sovrappone, cancella e assimila leggende albane più antiche di secoli, evidentemente famosissime, che per prime avevano narrato il mito dei gemelli fondatori, nati nella reggia di Alba, fatti gettare in un fiume albano da un re crudele e allevati dalla lupa. Essi sono gli eroi dei miti primordiali che avevano fondato tutte e trenta le città del Lazio, compresa Roma. E ora spunta anche il fiume albano della tradizione legata ai gemelli fondatori: nasce da Tuscolo ed era quasi scomparso da secoli.
LA STORIA DEL FIUME TUSCOLANO
Fino a pochi anni fa nessuno si era accorto che dall’acropoli di Tuscolo scaturiva il corso d’acqua più importante del Lazio antico per lunghezza e regime d’acque, come hanno documentato scientificamente gli studi geologici e idrografici recenti relativi ai bacini idrici laziali.
Ulteriori dati sulla sua formazione sono pervenuti da altri studi, i quali hanno stabilito che In origine il corso d’acqua scendeva dai Colli Albani e si gettava direttamente nel Tevere. Ma circa 4500 anni fa il livello del Lago Albano si sollevò scaricando lungo la via dei Laghi una colata di materiale (lahar) che plasmò la piana di Ciampino e si diresse lungo la pianura romana verso nord (Figura 1: a).
Il corso del fiume tuscolano venne quindi intercettato e deviato lungo il bordo orientale della colata di lahar, divenendo così tributario dell’Aniene (Figura 1: b). E’ questo il bacino del fiume relativo all’epoca protostorica e storica, fino all’età medioevale. Infatti, nel 1122 sotto il papato di Callisto II, il suo corso venne nuovamente modificato e deviato mediante l’erezione di una diga, presso Morena (Figura 1: c). Una volta convogliata in un altro alveo attraverso un lungo acquedotto ipogeo, l’acqua tuscolana alimentò opifici e mulini di Roma. Il tratto originale, privo di gran parte delle acque, si è andato così progressivamente colmando e riducendo a semplice fosso, noto oggi col nome di Fosso dell’Incastro (che allude alla diga), del Giardino e di Tor Tre Teste.
Ma nel VI sec. a.C. questo corso d’acqua, nel tratto di pianura, stabiliva la linea di confine di tre centri latini contemporaneamente: Collazia, Gabi e Tuscolo. Tra il confine di Roma, stabilito dal Fosso di Centocelle, e quello dei tre centri laziali menzionati, esisteva un territorio franco (l’ager peregrinus) solcato da un tracciato stradale importante che lambiva il fiume tuscolano e che collegava Boville a Fidene (quindi transitava fino all’area etrusca veiente e lungo le rotte dell’Italia centro – settentrionale – Figura 1: d).
TARCHEZIO RE DI ALBA
La leggenda più antica che narra dei gemelli e di re di Alba (che non è ancora Alba Longa) è quella di Tarchezio. E’ giunta fino a noi in modo frammentario, grazie a Plutarco, e la critica storica moderna si è limitata finora ad evidenziarne il carattere etruschizzante e la sua alta arcaicità. Questo racconto si avvicina infatti ad altri simili che risalgono all’età dei Tarquini e che si datano nel corso del VI sec. a.C.
Il racconto è ambientato sui Colli Albani, i gemelli non hanno un nome (quindi non sono Romolo e Remo e non fondano Roma) e il fiume non è il Tevere (lo sarà nella celebre leggenda), ma un fiume albano. Di norma si evidenzia anche il collegamento di Tarchezio con i Tarquini (la radice “Tarc” lo fa pensare). Va detto subito che nel VI secolo a.C. il territorio di Roma si sviluppava all’interno dei primitivi confini, e che le altre città latine limitrofe erano libere ed autonome. Anche per questa ragione non ha senso ritenere che il racconto sia da collegare alla fondazione di Roma e al più celebre racconto, più tardo di qualche secolo di Romolo e Remo, dal momento che esso viene ambientato in territori completamente estranei a Roma.
Inoltre, nel VI sec. a.C., per i contemporanei Tarchezio era un progenitore vissuto secoli prima nella reggia di Alba, la cui localizzazione doveva essere nota a tutti con precisione, essendo parte integrante di una storia raccontata e percepita dagli antichi come vera (in particolare dagli Albani).
Il mito di Tarchezio e storie simili poterono penetrare sui Colli Albani solo attraverso l’alleanza tra i Tarquini e Tuscolani: e di alleanza matrimoniale (tra Ottavio Mamilio signore di Tuscolo e Tarquinia, figlia di Tarquinio il Superbo) Tarquinio stesso parla apertamente, rivolgendosi all’aricino Turno Erdonio, rimproverandolo di esserne invidioso.
IL NOME DI TUSCOLO
Oltre alla più antica leggenda del gemelli fondatori, antesignani di Romolo e Remo, il fiume tuscolano racconta come sia nato il famoso nome di Tuscolo, che allude palesemente ai Tusci, come i latini chiamavano gli Etruschi. Sulla “piccola Etruria”, questo l’apparente significato del nome della città, sono fiorite le ipotesi più disparate, ma nessuna è risultata minimamente convincente.
Nel VI secolo lo sforzo egemonico dei Tarquini nel Lazio è raccontato dalle fonti antiche. Essi occupano Collazia e Gabi (ma si sospetta anche molti altri centri ancora), superando il confine stabilito dal fiume tuscolano, mentre con Tuscolo, invece, si alleano. Il corso d’acqua diventa per un secolo il fiume “etrusco” per eccellenza, il Tuscus amnis, e Tusculamnes i collatini, gabini e tuscolani. In tal modo, Tuscolo avrebbe ricevuto il nome dal suo corso d’acqua. Altri esempi simili li abbiamo in area campana, con il fiume Tusciano per esempio. Inoltre, sono una cinquantine le principali città italiane, e almeno la metà di esse ha ricevuto il nome dai rispettivi corsi d’acqua o da situazioni legate ad essi.