L’inchiesta è uno dei generi giornalistici più nobili e importanti.
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Spesso è suddivisa in più puntate che richiedono al giornalista una costante opera di aggiornamento, ricerca, studio, informazione, ascolto di esperti e approfondimento. Per queste ragioni l’inchiesta è considerata uno degli esempi più alti di professionalità e di maturità giornalistica.
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L’Osservatorio dei Colli Albani per l’Archeologia e l’Ambiente è lieto di pubblicare questo articolo apparso sul Mamilio.it il 18/05/2020.
Esso conclude la lunga inchiesta a firma di Fabrizio Giusti, un lungo lavoro di sintesi, sistematico e assai accurato,rivolto alla Carta Archeologica del Comune di Grottaferrata, redatta dal nostro Direttore Franco Arietti nel corso della seconda metà degli anni ’90. L’area, assai vasta, comprende gran parte del Tuscolano, uno dei tesori albani e, soprattutto, regionali, del tutto sconosciuto al grande pubblico: 110 grandiose e imponenti ville romane sottostanti il monumentale colle di Tuscolo, poste una accanto all’altra tra Grottaferrata, Frascati e Monte Porzio Catone, circondate da strade, monumenti, edifici di varia natura, aree sacre, necropoli e mausolei. Il tutto inghiottito da vigne, uliveti, comprensori, quartieri, ecc.
Voluta dal Sindaco Ghelfi in occasione del progetto di variante al Prg. di Grottaferrata, nata quindi come strumento di tutela ben collaudato da decenni a Roma e nell’agro romano dalla Soprintendenza archeologica di Roma, la Carta Archeologica è stata progressivamente ignorata dalle varie amministrazioni che si sono avvicendate (soprattutto di sinistra, a onor del vero). Ignorata persino dall’associazionismo archeologico locale – l’ombra di quello che era qualche decennio fa e ben lontano dai gravissimi problemi del territorio – la Carta Archeologica è letteralmente sparita dalla circolazione.
Questa importante inchiesta segna un significativo passo giornalistico del Mamilio, il quotidiano d’informazione online dei Castelli Romani, aggiornatissimo di ora in ora, la cui cronaca si rivolge a fatti relativi ad una città di quasi 350.000 abitanti (che sarebbe il nono comune d’Italia su un totale di 146 maggiori comuni per sviluppo demografico!) – vedi a proposito: https://it.wikipedia.org/wiki/Comuni_d%27Italia_per_popolazione).
Auspichiamo quindi la nascita di altre inchieste simili, le quali risulterebbero fondamentali per lo sviluppo economico, oltre che culturale, di questa regione. Si pensi a Monte Cavo, la più straordinaria area panoramica del Lazio, un tetto su Roma ed il mondo circostante, una meta turistica che una volta sviluppata (ad esempio con una funivia da Castel Gandolfo, grande terrazza panoramica a sbalzo attorno alla vetta, recupero delle aree archeologiche, dell’ex convento dei PP. Passionisti ecc.,) potrebbe attrarre significativi flussi turistici da Roma; oppure si svolgano indagini sulla tempistica degli scavi in rapporto alla fruizione del Parco di Tuscolo (a quando il primo pullman di turisti? Fra 150 anni, stima assai realistica, come tutti pensano?). Quali sono i reali flussi turistici dei vari musei, monumenti e aree di interesse architettonico o archeologico, quali sono gli orari di apertura? E quelli legati al turismo naturalistico? Per quale ragione l’offerta turistica è totalmente inesistente durante la settimana, per poi riprendere con infinite carenze e limitazioni nel weekend?
Perché Roma scoppia di turisti e ai Castelli Romani non si vedono mai pullman turistici da nessuna parte (e chi ci abita lo sa bene). Quanto pesa la rigida suddivisione del territorio albano in 16 paesi, sedici gabbie asfittiche, chiuse e retrograde, nelle quali si coltiva la patetica l’illusione campanilistica di possedere i migliori tesori archeologici, artistici e storici della regione? Per quanto tempo l’economia castellana, basata sul Magna & Bevi e sulle fraschette settecentesche del sabato e della domenica riuscirà a sopravvivere al mondo di Amazon?
Queste domande l’Osservatorio se le pone da anni. Forse sarebbe il caso di cominciare a discuterne.
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GROTTAFERRATA (attualità) – Riflessioni conclusive di un percorso iniziato nell’agosto del 2019
ilmamilio.it
Il viaggio all’interno della Carta Archeologica di Grottaferrata finisce qui. I risultati, in termini di letture, sono stati più che soddisfacenti, persino inaspettati visto l’argomento trattato (sono oltre 50 mila, al momento, le visualizzazioni complessive).
L’impegno è terminato. E’ tempo di bilanci.
Ci sembrava importante far scoprire una pagina di storia evitata dalla politica e dalle pubbliche amministrazioni e riportala alla luce. Esattamente come uno scavo.
Un lavoro su cui ho fatto solo ‘sintesi’ e che ha un padre nobile: Franco Arietti. E’ stato lui, con un encomiabile lavoro di decenni sul campo (e qui è doveroso ricordare la fondamentale figura di Bruno Martellotta), a produrre uno straordinario patrimonio di dati, schede e considerazioni di grande rilevanza e che solo a Roma ha un esempio simile. Una ricerca che speriamo abbia avuto, al termine di questo percorso, una dignità maggiore all’interno di un contesto territoriale che purtroppo non ha mai colto la sfida sulle sue potenzialità.
Le classi politiche possono scegliere di sorvolare le doti preesistenti a discapito dell’economia e del turismo, della occupazione e della visibilità (affrancandosi dall’evento mordi e fuggi episodico). Oppure possono decidere di essere coraggiose. Dipende dalla loro qualità e, sopratutto, dalla volontà di intercettare necessità diverse per farsi originali ed uniche. Non sta certo a noi comprendere per quale motivo si siano intraprese determinati strade (il consumo di suolo, ad esempio), anziché altre opportunità.
Musei e Parchi archeologici, grazie ad una legge, quella del 20 settembre 2015, sono ritenuti ‘servizi pubblici essenziali’. Come le scuole. Chi sa comprendere questa incredibile e straordinaria esigenza ha il diritto di aspirare ad un futuro migliore. Chi non lo fa, può solo ripiegarsi su politiche di circostanza.
La Carta Archeologica è uno strumento realizzato nel 1999, aggiornato e deliberato nel 2007. Poteva svolgere un ruolo di garanzia e tutela per i privati, gli imprenditori e il territorio. La stessa delibera riporta una indicazione precisa: “…prendere visione della carta archeologica in sede di istruttorie edilizie presenti sul territorio…”. Non è una documentazione che va contro qualcosa, ma tutela (e questo è un aspetto fondamentale) la linearità degli interventi edilizi e il loro corretto svolgimento. Una proposta di conservazione e concertazione, nella sostanza, in raccordo con la Soprintendenza. In più di venti anni non è stato mai utilizzato. Peccato.
Programmare qualsiasi tipo di futuro non contemplando il passato e ciò da cui si proviene, trovando il giusto equilibrio tra presente e avvenire, equivale ad annullarsi, a rimanere marginali, a non dare origine alle identità profonde.
Nella descrizione sintetica di 40 ville monumentali, 36 strade, catacombe, mausolei, insediamenti, necropoli e altre evidenze per un totale di 271 siti archeologici, tra aree pubbliche e private, ci è toccato constatare di distruzioni e rimaneggiamenti compiuti ad opera dell’uomo nel corso di almeno un secolo, e dagli settanta ad oggi, a causa di vari interventi edilizi (persino mura inglobate all’interno di ville). In un caso esclusivo la Carta è servita: circa quindici anni fa, in zona Casal Molara, era prevista una grande lottizzazione. Inizialmente la cosa sembrava dovesse andare in porto in assenze di evidenze archeologiche. Invece, proprio grazie al lavoro introdotto da Arietti, con successivi sondaggi preventivi da lui suggeriti, emerse l’antica Via Latina. La zona fu conseguentemente vincolata.
La Carta Archeologica ci racconta anche di ciò che potrebbe essere ancora scoperto, ciò che potrebbe essere valorizzato, di siti che se raccordati tra loro potrebbero ancora oggi, nonostante l’antropizzazione e un contesto urbanistico irrimediabilmente compromesso, essere sfruttati per un ‘parco archeologico diffuso’ e per la rinascita reale di un Museo, quello dell’Abbazia, che avrebbe diritto ad essere un punto di forza reale, comprendente di quei tesori che nel corso degli anni, per motivazioni e responsabilità molteplici, sono stati dispersi in qua e là in altri luoghi.
Cambiare verso è nella capacità di chi sa confrontarsi in sinergia con le competenze necessarie. E’ un lavoro che non porta voti. E questo ovviamente cozza con la mentalità inconsistente di una certa politica (non tutta, ovviamente, ma il riferimento è purtroppo a quella che ha influito e influisce di più) che si autoalimenta, in ogni tempo, sul tirare a campare, sull’interesse proprio, sui personalismi, i pacchetti di voti, l’incapacità di ammettere gli errori, la mancanza di visione. Caratteristiche opinabili.
Voler andar avanti senza essere consapevoli da dove si viene, senza tenere conto della propria identità e della propria radice, è un modo per non affrontare con tutti gli strumenti la sfida del futuro, anche nelle piccole realtà. Con o senza emergenze nazionali.
Abbiamo descritto, in fondo, certi ruderi antichi di cui più nessuno conosce più il significato, per provare a ristabilire una dignità ai luoghi dove tutti sembrano comprendere, invece, solo certe discutibili costruzioni moderne.
Tuttavia l’incompatibilità profonda di questo confronto irrisolto può essere confortato dal plauso di chi sente la necessità nella vita di consacrare la storia, la bellezza, la memoria e la cultura come mezzi di liberazione delle comunità.
Le 50 puntate:
7 – Grottaferrata e la Carta Archeologica: l’antichissima via Cavona (Via Valeria)
9 – Grottaferrata e la Carta Archeologica: la Villa di Rufino Vinicio Opimiano
10 – Grottaferrata e la Carta Archeologica: una grande villa tra Via Anagnina e Via Sant’Andrea
11 – Grottaferrata e la Carta Archeologica: ‘Quarto Montioni’, tra ville romane reali e presunte
21 – Grottaferrata e la Carta Archeologica: Villa Muti, Villa Grazioli e i resti di età imperiale
24 – Grottaferrata e la Carta Archeologica: strade e tombe verso S.Anna. Le ville romane della zona
25 – Grottaferrata e la Carta Archeologica: le grandi ville di Campovecchio e ‘Formagrotta’
34 – Grottaferrata e la Carta Archeologica: da Roseto fino a Madonna della Molara e Via San Nicola
41- Grottaferrata e la Carta Archeologica: ancora tra Villa Senni e Ad Decimum. Curiosità e scoperte
Info:
– Grottaferrata, quando si fa finta che la Carta Archeologica non esista…
– Grottaferrata, in Via di Rocca di Papa c’è un ponte romano dimenticato. Storia diuna ‘rimozione’ – FOTO
– Grottaferrata: cronistoria recente di un Museo Archeologico Nazionale ‘mutilato’